mercoledì 3 giugno 2015

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domenica 11 marzo 2012

Numeri

Come ogni domenica sera, ecco che puntuale mi si presenta quella familiare angoscia che mi prende al petto e che riesce a rovinarmi anche il fine settimana nato con le migliori intenzioni.
Si avvicina la sera e puntualmente mi si riaffaccia il pensiero della nuova settimana lavorativa che andrà ad iniziare di lì a qualche ora.
Viene fuori tutta l'insoddisfazione, la mancanza di voglia al riguardo.
Il senso di demotivazione si fa sempre più pesante e poco importa che, in fondo, nell'ambiente lavorativo, non mi trovo poi così male.
Manca il significato dietro ogni gesto, ogni cosa che devo affrontare.
Perché non trovo stimolo e l'interesse per ciò che faccio è assolutamente nullo.
Immancabilmente la domenica sera trovo mille motivi per rimandare l'inevitabile, quell'andare a letto e coricarmi, che farebbe scorrere più velocemente le ore che mi separano dal mattino.
Mi ritrovo spesso a pensare che mi basterebbe poco.
Quello che vorrei, essenzialmente, è essere lasciato in pace.
Poco mi importa del mondo che sta fuori e che mi da sempre meno soddisfazioni e stimoli.
Poco mi danno le persone con le quali mi capita di interagire, sempre più vuote, sempre più sottili, sempre più superficiali, che si lasciano scorrere, lente ed apatiche ed al di là di qualsivoglia diversa altisonante dichiarazione, ogni giorno di più, verso la tomba, dopo un'esistenza piatta e priva di significato.
Perché la persona media, quella che fa parte della razza dominante del pianeta, bada poco al porsi quesiti, alla crescita personale ed essenziale di sé stessa, non si pone domande, non studia i vari punti di vista ma spesso demanda o si fa passivamente indottrinare.
Perché è stato detto, è stato provato, è universalmente riconosciuto!
Ma da chi, da cosa? Quando? Perché?
E' davvero così? O vi hanno solo detto che lo è e per pigrizia o saccenza evitate di approfondire e capire?
E sempre di più vedo, giorno dopo giorno, quanto poco ho da spartire e mi chiedo a cosa serva ogni giorno andare avanti e fare, produrre, creare cose, prodotti, idee utili solo per l'istante nel quale vengono concepite e dopo breve dimenticate.
Quello che vorrei per me sarebbe un'esistenza che mi desse un motivo d'essere in quanto individuo unico, capace di fare la differenza, se non altro dinnanzi a me stesso, per potermene andare un giorno con un bagaglio culturale e d'esperienze, veramente diverso e più sostanziale di quello con il quale sono venuto al mondo.
Ma la società nella quale vivo, nella quale mi trascino, di giorno in giorno, cercando di sopravvivere, non è strutturata per dare valore all'individuo in modo diverso dal suo essere un mero numero ed un ingranaggio sicuramente ed immediatamente sostituibile nell'enorme e fredda macchina produttiva umana.
E allora mi chiedo se non sarebbe meglio, a questa stregua, chiudermi in casa, tagliato fuori dal mondo, con i miei libri, la mia musica, la mie fonti di informazione da me scelte e da me valutate e studiate in tutte le loro sfaccettature, i miei fumetti, la mia fantasia, la mia immaginazione. Il mio mondo.
Vorrei darmi un significato, laddove mi è negato cercarne un altro, anche solo nel mio io, tra le mie quattro mura, con le persone e gli esseri che amo e che per me hanno davvero importanza. Coloro che ad un punto da me posto fanno seguire una domanda accompagnata da un sorriso e dalla voglia di sapere, confrontarsi ed approfondire, senza mai soverchiare, affrontando tutto con mente aperta e priva di pregiudizi.
Senza gonfiare il petto, senza sentirsi stupidamente e disperatamente tronfi ma con la voglia di crescere.
Ma ogni volta, puntualmente, il lunedì, appuntamento con l'imprescindibile realtà, arriva.
Ed ogni volta mi trovo sempre più lontano da me stesso.
E quella sensazione che mi avvolge e mi schiaccia il petto mi lascia sempre più curvo, con gli occhi sempre più spenti, le spalle sempre più pesanti e quel magone che sempre più forte, rifiuta, beffandomi, di sfogarsi in lacrime.
Ancora una volta avrò contribuito a produrre un soffio di qualcosa che entro breve verrà dimenticato.
Ma mi sarò forse guadagnato, almeno per un altro giorno, il diritto ad indossare il mio sbiadito numero.

martedì 11 maggio 2010

Il Cristo Storico

Riporto di seguito un bel post di Luogocomune in merito ad un'eredità/fardello che ci portiamo dietro da ormai duemila anni perché possa essere uno spunto di riflessione, soprattutto riguardo alla frase finale.

Il Cristo Storico

Per “Cristo storico” si intende la intricata disputa fra teologi, esegeti, archeologi, studiosi laici e credenti, che dura ormai da oltre un secolo, sulla effettiva esistenza del personaggio di Gesù Cristo.

In altre parole, molti nel corso del tempo si sono domandati, e continuano a domandarsi, “ma Gesù è esistito davvero, o è soltanto una bella fantasia”?

Diciamo subito che non vi sono prove assolute nè in un senso nè nell’altro. Vi è però una sufficiente quantità di riscontri documentali - fra cui primeggiano ovviamente i Vangeli - per affermare almeno che un certo predicatore di nome “Joshua” abbia calcato il suolo della Palestina in quel periodo storico. Il vero problema, casomai, è stabilire quali episodi a lui attribuiti siano veri e quali eventualmente no.

Nel cercare di ricomporre questo complicato puzzle, infatti, subentrano continuamente possibilità di una lettura allegorica, che spesso “sdoppiano” il personaggio di Gesù in una versione prettamente umana, ed un suo possibile duplicato “simbolico”, con valenze anche divine.

In altre parole, il Gesù che predicava alle genti nelle piazze è lo stesso Gesù che faceva i miracoli e camminava sull’acqua? O forse quello “miracoloso” è uno strato aggiuntivo, sovrapposto alla figura del normale predicatore per aumentarne la credibilità presso i suoi contemporanei? Oppure ancora, i “miracoli” erano veri miracoli - nel senso che trasgredivano le leggi della natura - o erano solo rappresentazioni metaforiche di banali eventi quotidiani? (Ad esempio, nella comunità degli Esseni il sacerdote che praticava i battesimi raggiungeva il centro della pozza d’acqua camminando su una sottile plancia di legno, e visto da lontano sembrava che camminasse sull’acqua. Era infatti definito, all’interno della comunità, “colui che cammina sull’acqua”. Se Cristo fosse stato – come molti sostengono – un sacerdote esseno, faceva dei veri miracoli, o era semplicemente uno a cui non piaceva bagnarsi i piedi?)

Ma il vero problema, che rende difficile una qualunque ricostruzione storica, sta nel fatto che la stessa fonte dei Vangeli sia “inaffidabile” per sua natura. Contrariamente a quanto molti credono, infatti, i Vangeli “degli apostoli” non furono scritti direttamente da Marco, Matteo Luca e Giovanni, ....

... ma dai loro discepoli, o dai discepoli dei loro discepoli, una cinquantina di anni più tardi. Al tempo di Gesù prevaleva ancora la tradizione orale, e soltanto sul finire del primo secolo si iniziò a sentire l’esigenza di mettere anche il tutto nero su bianco.

E come ben sa chiunque abbia giocato a “passaparola”, una frase come “ho perso il sonno” fa molto in fretta a diventare “è morto il nonno”.

Ecco perchè, in questo caso, assumono grande importanza i riscontri incrociati. Se il Vangelo “A” descrive un certo episodio, e lo stesso episodio si ritrova anche nel Vangelo “B”, si moltiplicano di colpo le possibilità che l’episodio sia accaduto davvero. Secondo la tradizione, infatti, i discepoli si sarebbero dispersi dopo la morte di Gesù, dando vita a “rivoli” separati di tradizione orale, che hanno viaggiato in modo indipendente fino al momento di venir fissati sulla carta.

Per quanto preziosi, però, i riscontri incrociati rappresentano anche un’arma a doppio taglio: chi ci dice infatti che un certo passaggio del Vangelo “A”, invece di riportare la tradizione orale da cui deriva, non sia stato semplicemente copiato dal Vangelo “B”? Poichè nessuno conosce il momento esatto di pubblicazione di ciascun Vangelo, infatti, è possibile che certe comunità cristiane abbiano attinto da altri testi evangelici, già in circolazione al momento di scrivere il proprio.

E’ lo stesso problema descritto da Walter Benjamin, duemila anni dopo, nel suo libro “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, ed è un problema che ormai tutti viviamo quotidianamente in Internet.

Vi sono intere parti del Vangelo di Luca, ad esempio, che sono chiaramente tratte dal Vangelo di Marco (certi passaggi sono letteralmente copiati, parola per parola). La stessa cosa avviene per Matteo, di cui quasi la metà del testo è chiaramente tratta da Marco. Il Vangelo di Marco quindi viene collocato prima, in ordine di tempo, di quelli di Luca e Matteo. A loro volta, però, Luca e Matteo hanno molte parti in comune che non compaiono in Marco, portando ad ipotizzare l’esistenza di un quinto Vangelo, detto “Q”, che sarebbe stato contemporaneo di Marco. (“Q” sta per “quelle”, che in tedesco significa “la fonte”).

C’è poi il Vangelo di Giovanni, fra i cosiddetti “canonici”, che presenta una lettura molto diversa dai tre precedenti della vicenda di Gesù. I primi tre infatti sono detti anche "sinottici", che significa letteralmente che "la vedono allo stesso modo", implicando che Giovanni la vede invece in modo diverso.

Ma la “tombola” delle possibilità non si esaurisce certo con l’identificazione storica delle diverse fonti evangeliche. Fra queste e i Vangeli giunti fino a noi, infatti, ci sono quasi 300 anni di dispute feroci fra i cosiddetti “Padri della Chiesa”, cioè i vescovi e i sacerdoti di tutte le più importanti comunità cristiane dell’epoca, su molte questioni di fondamentale importanza storica e teologica.

La più nota di tutte fu la diatriba sulla reale natura di Gesù, fra chi sosteneva che fosse una entità separata da quella divina, che da questa discendeva, e chi invece diceva che fosse costituito dalla "stessa sostanza" del Creatore. Vinsero i secondi, che scomunicarono il vescovo Ario, sostenitore dlla prima ipotesi.

Naturalmente, nell’ambito di queste dispute interminabili, i testi sacri passavano continuamente di mano in mano, creando infinite possibilità per la “scomparsa” di certi passaggi scomodi, come per la comparsa delle cosiddette “interpolazioni”. Alcuni scambi epistolari fra i vescovi dell’epoca, ad esempio, suggeriscono che Gesù predicasse la reincarnazione, “caratteristica” dell’esistenza umana che sarebbe del tutto scomparsa nella versione finale del cristianesimo, poichè in contraddizione con la visione escatologica della vita, di fondamentale importanza per chi avrebbe imperniato tutto il suo potere sulla “paura dell’inferno”. (Si campa una volta sola, ci dice il cristianesimo, e chi sbaglia è perduto per sempre. Se invece ci fosse stata la possibilità di ritornare, e di rimediare agli errori commessi nelle vite precedenti, i preti rischiavano di venire accolti da una selva di pernacchie ogni volta che nominassero l’inferno. Via quindi la reincarnazione, e avanti con il Diavolo, il tridente e il Giudizio Individuale).

A loro volta, sul fronte delle interpolazioni ci sono diversi passaggi che lasciano decisamente in dubbio gli studiosi, in quanto sembrano inseriti apposta per rimediare a vistosi “buchi narrativi”, che a loro volta testimoniano della grande confusione che dovesse regnare fra i Padri della Chiesa in quel periodo.

Vi sono alcuni casi in cui è stato addirittura possibile dimostrare che un certo passaggio sia platealmente falso, cioè aggiunto in seguito alla stesura originale. In una certa lettera di S.Paolo, ad esempio, l’apostolo utilizza una espressione verbale che sarebbe entrata in uso solo una cinquantina di anni dopo, dimostrando che il passaggio è stato aggiunto in seguito, da qualche scriba poco attento all’evoluzione del linguaggio.

E’ come se in un film degli anni ’50 Alberto Sordi si mettesse improvvisamente a gridare “viulèeeenza!”, quando tutti sanno che quell’espressione è stata coniata negli anni ’80 da Diego Abatantuono. In quel caso sarebbe chiaro che la scena è falsa, e che è stata aggiunta in seguito, ovvero “interpolata” fra quella che la precede e quella che la segue.

In ogni caso, fu solo nel 325 che i Padri della Chiesa consegnarono nelle mani di Costantino la “versione ufficiale” del cristianesimo come lo conosciamo oggi. Era costituita da 36 libri della Bibbia ebraica (“Antico Testamento”) con l’aggiunta del “Nuovo Testamento”, che contiene i 4 Vangeli canonici (Marco, Matteo, Luca e Giovanni), gli “Atti degli Apostoli”, le “Epistole” e l’ “Apocalisse di Giovanni” (il noto testo profetico in cui compaiono anche la “bestia”, la “grande prostituta” e il numero “666”).

Va notato che Paolo viene considerato uno degli apostoli, per quanto non abbia mai incontrato Gesù nella sua vita. Solo dopo la sua morte si sarebbe convertito al cristianesimo (sulla via di Damasco), del quale propose una interpretazione “per i gentili” che avrebbe condizionato più di ogni altro apostolo la futura dottrina cristiana.

Ma i problemi di discordia non finirono certo con la definizione dei Vangeli canonici: a furia di cambiare, di aggiungere, di tagliare e di interpolare, i Padri della Chiesa non si sono nemmeno accorti che questi quattro Vangeli finiscono spesso per contraddirsi fra di loro. Se prendiamo ad esempio la scena della crocefissione, abbiamo addirittura tre versioni diverse sulle ultime parole di Gesù:

MARCO: Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? … Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

LUCA: Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo spirò.

GIOVANNI: Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.

Secondo Matteo, Luca e Giovanni a Gesù fu dato aceto da bere, imbevuto in una spugna. Secondo Marco invece era vino con mirra.

Per Marco la prima a visitare il sepolcro, la domenica mattina, fu Maria Maddalena, insieme all’“altra Maria”. Secondo Marco c’era anche Salomè. Secondo Luca c’erano Maria Maddalena, Giovanna, Maria madre di Giacomo, e altre donne. Secondo Giovanni Maria Maddalena era sola.

Marco racconta che all’alba della domenica le donne trovarono il sepolcro sigillato dalla grande pietra. Matteo, Luca e Giovanni dicono invece che la pietra era già stata rimossa. Eccetera eccetera eccetera…

Non si tratta certo di contraddizioni gravi, poichè non intaccano la coerenza complessiva del racconto, ma testimoniano del percorso particolarmente “accidentato” che debbono aver fatto queste narrative prima di finire una volta per tutte sulla pagina scritta.

E finora abbiamo parlato solo di quelli canonici, cioè dei Vangeli “ufficiali” che i Padri della Chiesa hanno scelto di inserire nel Nuovo Testamento. Ma esiste tutta una serie di Vangeli, detti “apocrifi”, che sono rimasti esclusi dalla selezione, e che raccontano spesso una storia molto diversa.

Va notato che “apocrifo” non significa “falso”, come molti credono, ma “nascosto”. Il termine deriva dal greco apò-kryptomai, dove apò significa “sotto”, e kryptomai significa nascondere. (Da cui il termine “cripta”, che è un locale sotterraneo della chiesa, quasi sempre nascosto al pubblico). Pare infatti che alcuni preti, meno ubbidienti di altri, tenessero questi documenti ben nascosti “sotto l’altare”, per evitare persecuzioni da parte delle autorità ecclesiastiche, che ne proibivano la circolazione. Solo con il tempo, a furia di dichiarare questi Vangeli “falsi”, il termine apocrifo è venuto ad assumere quel significato.

Gli apocrifi offrono quindi agli studiosi una serie ulteriore di riscontri incrociati, nella loro faticosa ricerca del Cristo storico. Se si prende ad esempio il Vangelo di Tommaso, ritrovato in Egitto nel 1947, e lo si confronta con i canonici, risulta che circa la metà degli episodi descritti nel primo (una cinquantina circa) compaiono anche nei secondi. E poichè il Vangelo di Tommaso, che risale circa al 200 d.C., ci è giunto praticamente intatto, grazie all’otre che lo ha protetto per 18 secoli, avremmo di fronte un’ulteriore conferma della probabile veridicità di almeno una parte degli episodi attribuiti a Gesù.

Ce ne sono però almeno altrettanti che non trovano corrispondenza nei canonici, e questo ha gettato nel più totale scompiglio molti studiosi, aprendo le porte ad una serie di possibilità praticamente infinita sulla reale esistenza di Gesù.

Paradossalmente, i dubbi non si dissolvono nemmeno con la sua morte, ma continuano anche dopo. Vi sono infatti diversi elementi che suggeriscono che Gesù non sia affatto morto sulla croce, ma sia stato salvato in extremis dai suoi discepoli, e portato via di nascosto durante la notte.

Quando il costato di Gesù viene trafitto dalla lancia, ad esempio, esce del sangue. Questo significa che Gesù, nonostante le apparenze, fosse ancora vivo. (Da un cadavere trafitto non esce più sangue, perchè viene a mancare la pressione arteriosa).

Sul finire della giornata entra in scena un curioso personaggio, Giuseppe da Arimatea, che chiede ed ottiene da Pilato il permesso di portarsi via il corpo di Gesù. Chi era, da dove veniva, e perchè mai i discepoli ed i familiari di Gesù glielo avrebbero concesso così facilmente? Quando giunge al Calvario questo Giuseppe porta con sè 30 o 40 chili di unguento di aloe, con i quali ricopre il corpo di Gesù prima di seppellirlo. Ma l’aloe è anche un potente disinfettante, che in quel tempo veniva usato proprio per curare le ferite.

Tutta la faccenda della pietra smossa, inoltre, sembra indicare più una fuga terrena, praticata in fretta e furia dai discepoli che si portavano via Gesù, che non un “risorgere” di tipo divino. Anche le bende lasciate all’interno del sepolcro vuoto sembrano testimoniare di una “rinascita” molto frettolosa e terrena.

Per quanto noi siamo abituati a pensare che Gesù sia “andato direttamente in Paradiso”, infatti, va ricordato che i Vangeli ci parlano di un semplice “risorgere”, inteso come “rialzarsi”.

“E' risorto, non è qui – dicono i personaggi trovati dalle donne di fronte al sepolcro - Ecco il luogo dove l'avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”.

Ed infatti Gesù apparirà più volte ai discepoli, nei giorni seguenti, in situazioni del tutto “terrene”, mentre l’ “ascensione” vera e propria avviene, sempre secondo i Vangeli, solo 40 giorni dopo.

Nel libro “Jung e i Vangeli perduti” lo storico Stephan Hoeller ha raccolto tutti gli elementi, i dati storici e i reperti archeologici che sembrano supportare la tesi che Gesù sia effettivamente morto in India, una ventina di anni più tardi. Dopo essere sopravvissuto alla crocefissione, sostiene Hoeller (insieme ad altri storici), Gesù avrebbe predicato per un certo periodo lungo le coste della Turchia, prima di intraprendere un lungo viaggio, in compagnia della madre, che lo avrebbe portato prima in Persia, e poi fino alle pendici dell’Himalaya.

Altri storici hanno trovato tracce di una prolungata permanenza di Gesù in Medio Oriente, dove avrebbe continuato a predicare fino al giorno della sua morte.

Vi sono poi ipotesi di tipo “esoterico” – peraltro meno supportate storicamente - che sostengono che Gesù sia invece giunto in Francia, dove avrebbe dato origine alla stirpe reale dei Merovingi, a cui molti attribuiscono qualità divine.

In ogni caso, quello che conta davvero è la vicenda del Cristo che tutti bene o male abbiamo assorbito nel corso della nostra vita, e che fa ormai parte integrante della nostra cultura. In altre parole, qualunque siano stati gli eventi realmente vissuti da Gesù, quel che conta è il cristianesimo come è giunto fino a noi, e come ha condizionato nel frattempo – nel bene e nel male - l’intero percorso della storia umana.

E forse è persino un bene che sia impossibile fare chiarezza assoluta sulla vicenda reale di Gesù, lasciando così a ciascuno quel margine di interpretazione che è giusto lasciare ad un evento di tale portata storica e di tale valenza spirituale come il suo passaggio sulla terra.

Massimo Mazzucco

Fonte: Luogocomune

Non mi trovo d'accordo con la conclusione, per quanto giustamente lasciata aperta, poiché si basa su fondamenta incerte, così come chiaramente espresso nello stesso articolo. Non essendo chiara l'esistenza del Cristo, come può essere giusto lasciarne libera l'interpretazione? Non essendo certa la storicità e la stessa veridicità delle fonti, come si può interpetarle a priori basandosi esse su fondamenta estremamente friabili?

La base su cui si poggia tutto, dalla nostra stessa storia, per arrivare alle nostre credenze fino alla stesura dello stesso articolo e ciò su cui si interroga potrebbe essere mera finzione ed effimera come una favola, costruita ed alimentata per interessi economico-politici.

lunedì 15 marzo 2010

L'eterna letizia della mente candida

Dedicata ad una persona speciale.
In parte per il testo, soprattutto per la melodia.
Per il sentimento che c'è nelle parole e nella musica.
Per il momento al quale la canzone è legata.
Per quello che provo quando sono con lei.
Perché lei è importante.
Per l'eterna letizia della mente candida... per noi

"Everybody's gotta learn sometimes"
Beck

Change your heart
Look around you
Change your heart
It will astound you
I need your lovin'
Like the sunshine

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

Change your heart
Look around you
Change your heart
Will astound you
I need your lovin'
Like the sunshine

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

I need your lovin'
Like the sunshine

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime
Everybody's gotta learn sometime

giovedì 11 marzo 2010

E' morto Corey Haim (1971 - 2010)





Primo post del blog dedicato ad una notizia triste.
Ieri sera, spulciando il reader rss più per noia che per vera curiosità mi si posa l'occhio su di un nome che, soprattutto da piccolo, ho imparato ad amare: Corey Haim. Quella che però veniva riportata di seguito era la notizia della sua prematura morte.
Come ogni buon divo che si rispetti, pare che il buon Corey avesse un passato da tossicodipendente del quale però sembrava fosse riuscito a liberarsi finalmente e con fatica ormai dal 2004.
Forse questo tunnel si è rivelato davvero troppo buio, tanto che all'età di 38 anni, ci è entrato per un'ultima volta, stroncato da un'overdose fatale.
E' deceduto nella mattinata di ieri all’ospedale St. Joseph di Burbank, in California.
Ho conosciuto Corey in un vecchio film del 1987 di Joel Shumacher diventato poi icona del genere vampirico, "The lost boys".
Ha recitato poi in altri classici degli anni '80 come "Unico indizio la luna piena" tratto da un racconto di Stephen King e in "Licenza di guida" che lo vedeva nuovamente affiancato al suo grande amico Corey Feldman.
Mi è dispiaciuto molto apprendere della sua morte. E' un altro pezzo degli anni '80 che se ne va, una parte della mia giovinezza e della spensieratezza che spesso i suoi film hanno rappresentato per me.
Mi mancherai Corey.